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Tutti per Uniqlo, Uniqlo per tutti!

di Viola Torre

Tante cose si sentono dire su Parigi: la città dell’amore, della Gioconda, della baguette e sì, anche della moda. Perché, diciamocelo, di questo i Parigini se ne intendono proprio, e la città incanta anche sotto questo aspetto: chi non ha mai sognato di girare per gli “scianselisé” in tacchi alti, guanti e cappellino, lasciandosi sfuggire ogni tanto un “oh-lala” ? Esatto, come una Parigina, quella vera, che veste bianco e nero, fuma col bocchino (ma questo, lo ammetto, è proprio un po’ un cliché), e passa le giornate alle Galeries Lafayettes, che, con Printemps, l’ altro grande magazzino della città, la fa da padrone e domina da sempre la scena della moda in città . O almeno fino a poco tempo fa. Perché ora c’è un nuovo concorrente che, pur puntando a target decisamente diversi, sta avendo un successo smisurato e sì, anche inaspettato. Si chiama UNIQLO, viene da Tokyo e ha prepotentemente conquistato la città, prendendosi il suo spazio (espone infatti le sue collezioni in una superficie di 2150 m2 accanto al teatro dell’Opéra) e l’approvazione di tutti, grandi stilisti compresi.
Dato che in città non si parlava d’altro, mi sono tuffata anche io nell’immensa coda che circonda perennemente l’isolato “UNIQLO”, e dopo venticinque minuti di attesa, mi sono ritrovata faccia a faccia con la visione giapponese della moda: semplicità e comodità a prezzi miseri.
La cosa che più mi ha colpito è stata l’ordine: c’erano minimo trecento persone che provavano e riponevano malamente i vestiti, ma la quantità di commessi era tale che tutto ciò che veniva toccato era poi rimesso  perfettamente al suo posto pochi secondi dopo. Poi, la quantità di colori, perché in fondo è questa la grande pensata dei giapponesi: capi d’abbigliamento high tech, tutti tinta unita, nei colori più svariati e sgargianti, in tutti i modelli possibili. E il risultato si vede, perché entrare da UNIQLO vuol dire restare a bocca aperta di fronte a sfumature che non si credeva potessero esistere. Per esempio, ve lo immaginate un verde cactus? avete mai indossato un pullover rosso tegola? Conoscete il blu elettrico-laccato forte? Beh da UNIQLO ce ne sono infiniti altri. Comunque sia, io mi sono fermata a bocca aperta già all’entrata, caratterizzata principalmente da enormi scritte scorrevoli “From Tokyo to Paris”, e dalle indicazioni su come girare senza perdersi.
Per capire meglio come funziona questo negozio, c’è bisogno di citare  La Lista, cioè otto pagine di legenda “modello-colore-prezzo”.Qualche esempio? Canottiera a spalline sottili in giallo limone, verde acido e nero-azzurro a 3, 90 euro, dolcevita a collo alto e maniche a tre quarti blu petrolio, bianco panna e rosso geranio a 6, 90 euro, cappotto con  cappuccio largo, cintura e tasche laterali a 39, 90 euro, completo da tennis con scarpe e cappello a 27, 90 euro.
Ed è a questo punto che sorge il dubbio. Ma come fa tutto questo a stare in un solo negozio? La risposta sta in una sola parola: plastica.  Proprio così, la maggior parte dei vestiti è sotto vuoto, in infinite nicchie che coprono interamente ogni parete. Impressionante, no?
In sostanza, è questa la differenza fra UNIQLO e ciò che io conoscevo della moda, la stessa che c’è tra il vestire e il vestir bene, che sono due concetti molto differenti, e il primo sta divorando l’altro perché più adatto al contesto urbano, e decisamente più accessibile delle bellissime, ma carissime confezioni dei “Grands Magasins”.
Tra pochi mesi apriranno un UNIQLO anche a Milano, vi consiglio di farci un salto, ma per farlo dovete dimenticarvi per un po’ dei pizzi e dei merletti di Coco, e apprezzare la visione della moda sconcertante e futuristica del Giappone.

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